venerdì, settembre 14, 2007

Limiti di velocità troppo bassi sono un danno per il Paese

LO SPUNTO - QUASI IN TEMPO - DOPO LA LETTURA DI UN ARTICOLO DI ALBERTO ALESINA SU TUTT'ALTRO TEMA, PUBBLICATO SUL SOLE24ORE DEL 7 SETTEMBRE 2007

LIMITI DI VELOCITA’ TROPPO BASSI SONO UN DANNO PER IL PAESE
 
Le nuove norme del codice della strada hanno giustamente reso più severe le sanzioni per chi supera ampiamente i limiti di velocità. Però capita di tanto in tanto, almeno in Toscana, di incappare in cartelli stradali con limiti di velocità ridicolmente bassi. Si tratta di una cattiva prassi da estirpare: da un lato, infatti, incide negativamente senza motivo sulla produttività del sistema territoriale, dall’altro incoraggia il già scarso rispetto delle regole da parte degli italiani.

 
Ok alla battaglia contro chi sfreccia superando i limiti di velocità. Ed è stato positivo il recente inasprimento del codice della strada in tal senso. Ma proprio per questo bisogna che i limiti di velocità "facoltativi" fissati dagli enti proprietari delle strade siano sensati. Infatti, limiti eccessivamente bassi sono deleteri: intaccano inutilmente la produttività di un sistema territoriale e incoraggiano il già scarso rispetto delle regole di noi italiani.
Lo spunto per questo messaggio nella bottiglia me lo ha dato un articolo di Alberto Alesina su tutt’altro argomento, uscito il 7 settembre scorso sul Sole 24Ore. In esso Alesina fa l’esempio dei limiti di velocità per sottolineare che, in campo finanziario come in molti altri settori e casi, vincoli eccessivi rischiano di essere controproducenti. "Ritornando all’analogia con gli incidenti stradali – sostiene Alesina – sarebbe facile evitarli del tutto riducendo la velocità massima a 30 km orari. Ma con quali ripercussioni sull’economia e la nostra vita quotidiana?". In altri termini, limiti di velocità eccessivamente bassi rischiano di ripercuotersi negativamente sulla produttività del sistema economico di un certo territorio.
In realtà è da diverso tempo che rimugino su questo problema apparentemente ignorato dalle autorità competenti in materia a Firenze e in altre parti d’Italia (ma forse un po’ meno in Sicilia, nel Ragusano, dove sono recentemente stato in vacanza, constatando molta più ragionevolezza nell’arte di imporre limiti di velocità adeguati al tipo di strada). Questo cenno, en passant, alla questione da parte di un autorevole economista come Alesina rafforza il mio convincimento che sia necessario discuterne pubblicamente.
Tanto più perché mi pare che la cattiva prassi di combattere l’alto tasso di incidenti sulle nostre strade ricorrendo a limiti di velocità ridicolmente bassi sia la conseguenza di tre atteggiamenti piuttosto diffusi nel nostro Paese: 1) l’idea, di matrice "furbetti del mercatino rionale", che per ottenere 100 bisogna chiedere 200 o almeno 150; 2) l’insufficiente ricorso allo studio empirico rigoroso dei fenomeni prima di escogitare soluzioni e prendere provvedimenti; 3) il desiderio compulsivo di molti esponenti delle nostre istituzioni di comparire sui giornali il più rapidamente e rumorosamente possibile con la prima trovata che passa per la testa.

L’arte di fissare i limiti
Non essendo un esperto in materia non ho la pretesa di offrire una risposta precisa al problema della scelta di limiti di velocità adeguati ai vari tipi di strada di un certo territorio, ad esempio quello fiorentino. Tuttavia mi sembra che tale questione vada affrontata più o meno nei seguenti termini.
Posto che è interesse generale non intaccare la produttività di un certo territorio e che spostamenti troppo lenti dei mezzi a quattro e due ruote si ripercuoterebbero negativamente su di essa, bisogna individuare i limiti di velocità più alti compatibili con la piena sicurezza dei vari tipi di strade (perché, ovviamente, un alto tasso di incidenti stradali ha ricadute ancora più pesanti sulla produttività). E per fare ciò correttamente, soprattutto in mancanza di buonsenso, è necessario tenere conto di accurati studi sulla casistica degli incidenti stradali nei vari tipi di strade.
E qui già sento voci gridare: ma non lo sai che la maggior parte degli incidenti sono dovuti all’eccesso di velocità? La mia risposta è: un momento, bisogna vedere di che tipo di eccesso di velocità si parla. Affinché gli studi sulla casistica degli incidenti stradali siano davvero utili bisogna che siano sufficientemente raffinati.
Non basta sapere, tanto per fare qualche rozzo esempio, che nella strada x, in cui c’è un limite di velocità di 30 km all’ora, nel 75% degli incidenti verificatisi uno dei mezzi coinvolti aveva superato il limite di velocità; bisognerebbe determinare anche di quanto tali limiti erano stati superati (perché magari scopriremmo che nel 70% degli incidenti verificatisi il limite era stato superato di oltre 30 km, per cui un limite di 50 km orari per quella strada sembrerebbe sufficiente) e se ci sono altri fattori altrettanto rilevanti. Ad esempio, se l’80% degli incidenti è avvenuto sul medesimo tratto col fondo stradale malmesso oppure se il 90% degli incidenti si è verificato in prossimità di uno stop ignorato da una delle vetture coinvolte.
Ora, al di là dei dettagli e delle eventuali precisazioni metodologiche degli esperti, mi sembra naturale che la questione vada affrontata più o meno nel modo sopra descritto. Ma apparentemente le cose non funzionano così a Firenze, la mia città, e probabilmente anche in molte altre parti d’Italia.

Lo stato dell’arte
Come mai dico questo? Perché a Firenze ci sono alcuni cartelli stradali con limiti di velocità così bassi da sfiorare il ridicolo.
Ad esempio il limite di 30 km orari alla fine di Viale Fratelli Rosselli, lì dove inizia il sottopasso che porta alla Fortezza da Basso (un sottopasso a senso unico di ben quattro corsie, ormai solo virtuali perché le strisce bianche sono sparite), descritto in un servizio giornalistico comparso su Repubblica Firenze alcuni mesi fa.
Oppure il limite di 40 km sul viadotto dell’Indiano che, quasi come una superstrada, ha due carreggiate di due corsie ciascuna. Un limite giustamente stigmatizzato, ma purtroppo invano, da un lettore di Repubblica Firenze diverso tempo fa nella rubrica della posta di quel giornale. Francamente dubito che, in assenza di ingorghi, la causa degli incidenti che si verificano in quei luoghi dipenda dal fatto che alcune vetture vadano a 50-60 km orari. (Naturalmente, il discorso cambia e quei limiti sono adeguati nel caso di "intenso traffico": non sarebbe più logico aggiungere questa specificazione ai cartelli?).

La probabile causa principale
Come dicevo, credo che questa cattiva prassi dipenda dai tre atteggiamenti deleteri sopra richiamati. Vorrei ritornarci sopra perché mi sembra che affrontarli e possibilmente estirparli sia un ingrediente essenziale di ogni ricetta per lo sviluppo della competitività del Paese. Mi concentrerò sul punto 1, il più cogente in questo caso, cioè sull’atteggiamento derivante dall’idea che per ottenere 100 bisogna chiedere 200 o almeno 150, riservando ai punti 2 e 3 poche battute.
Può darsi che mi sbagli, ma a me pare che questo atteggiamento sia frequente in Italia nei rapporti tra organi pubblici e cittadini, e a dire il vero anche nei rapporti tra privati. Sarebbe interessante il riscontro degli antropologi in proposito. In ogni caso, mi pare che tale atteggiamento si manifesti al massimo grado, oltre che nel codice stradale, in materia fiscale e di decoro urbano.
Un altro esempio, tratto dalla mia esperienza personale di 20 anni fa, è l’università. Avevo l’impressione, a quei tempi. che in certi esami alcuni professori assegnassero migliaia di pagine di libri da studiare fondandosi sull’assunto sbagliato che assegnandone, che so, 5000, almeno gli studenti ne avrebbero studiate la metà.
(Adesso, però, mi dicono i miei amici professori universitari, si è passati all’estremo opposto. A nessuno che siano venuti in mente metodi più elastici come quelli di certe università inglesi: si dà un’ampia bibliografia di riferimento, ma non si chiede di imparare a memoria i libri, bensì si escogitano test ad hoc dai quali si capisce che cosa lo studente sia riuscito ad imparare pescando liberamente nella bibliografia di riferimento; così da valorizzare, tra l’altro, non solo l’impegno e la capacità di chi dimostra di aver letto e compreso più testi degli altri, ma anche le doti e propensioni di chi, magari avendone letti un po’ meno, riesce però ad utilizzare in maniera più creativa e adeguata agli scopi le informazioni acquisite.)

Dove sta l’errore
Ebbene questa idea, applicata ai rapporti tra istituzioni pubbliche e cittadini, è molto deleteria e per varie ragioni. Le richiamo attenendomi al caso dei limiti di velocità.
Cosa significa mettere un limite di 30 km orari in certe strade per ottenere che la gente non superi i 50 km orari?
Se l’autorità è del tutto coerente con il suo obiettivo, si traduce nel fatto che il limite è 30, ma le sanzioni verranno comminate sempre solo sopra 50. Questo comporta che a poco a poco molta gente si abituerà a non prendere alla lettera i limiti di velocità, a snobbarli o almeno a reinterpretarli. E siccome c’è un’asimmetria informativa tale per cui il cittadino non può sapere con certezza qual è il limite vero, quello superando il quale verrà effettivamente sanzionato, alcuni cittadini azzeccheranno l’interpretazione giusta mentre altri ("più ottimisti") no e saranno puniti. Inoltre i cittadini più onesti e prudenti, sempre rispettosi del limite di 30, saranno danneggiati sul piano della produttività rispetto ai cittadini che hanno azzeccato l’interpretazione giusta di 50 (pensiamo al caso dei corrieri o degli idraulici).
Ma in realtà le cose sono più complesse. Intanto perché c’è la complicazione di un sistema sanzionatorio articolato in varie fasce di eccesso di velocità. Argomento che non intendo affrontare qui, salvo dire che in linea di massima preferirei limiti di velocità più alti, fasce un po' diverse da quelle attuali e sanzioni relativamente più pesanti anche per gli eccessi di fascia inferiore. Ma soprattutto perché è difficile che l’autorità sia completamente coerente con il suo obiettivo, nel senso che molto probabilmente accadrà che in qualche caso i limiti vengano presi alla lettera da certi vigili, per cui anche i cittadini che avranno avuto la fortuna di azzeccare il "limite obiettivo" abituale di 50 in qualche caso saranno puniti. E a prevalere sarà così l’imprevedibilità delle sanzioni in rapporto ai comportamenti degli automobilisti, i quali alla fine penseranno che forse è meglio "fottersene" e assumere un atteggiamento fatalista.
Insomma, tutto il contrario di un sistema equo ed efficiente, che richiede regole e limiti tali da poter essere presi sul serio, cioè alla lettera.

Altre possibili cause
Riguardo al punto 2, cioè all’apparente scarso ricorso a studi empirici rigorosi e neutrali prima di prendere una decisione, ho poco da dire. E’ talmente ovvio da superare il mio "furore truistico". Mi limiterò a notare che troppo spesso si ha l’impressione che decisioni politiche anche importanti, quali l’avvio di determinate grandi opere, vengano prese senza adeguati e onesti studi preliminari sul loro impatto complessivo. Delle due l’una: o questi studi rigorosi vengono fatti ma non sono divulgati a sufficienza o non esistono proprio.
Infine, anche sul punto 3, vale a dire il tema della spasmodica ricerca di visibilità dei rappresentanti delle nostre istituzioni, ho poco da dire. Ne hanno già scritto in tanti. Sottolineo soltanto che l’unico antidoto sarebbe una stampa in grado di fare il proprio dovere con spirito critico senza farsi piegare ai vari interessi politici ed economici in gioco.


Lorenzo Sandiford

4 commenti:

Anonimo ha detto...

People should read this.

dwdp ha detto...

Credevo di essere l'unico a pensarla così. Condivido al 100%!

dwdp ha detto...

Il ragionamento vale anche per i divieti di sosta, laddove non servono e dove non si intende farli rispettare.... quasi mai.

Con "quasi" variabile indipendente legata solo all'umore di un vigile o alle necessità di cassa del Comune.

Meno limiti, più rispetto!
http://dwdp-it.blogspot.com/2007/03/rifondiamo-il-contratto-sociale-nel.html

Lorenzo Sandiford ha detto...

Mi fa piacere di non essere solo! :-)))